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Autore Discussione: Piante spazzine bonificano i metalli  (Letto 218 volte)
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« inserita:: Luglio 23, 2008, 12:02:04 am »

Antinquinamento: una nuova tecnica dell’Università di Cagliari consente di ripulire i siti dismessi.
Piombo e zinco resi inerti con la meccanochimica e la fito-stabilizzazione.


di Luciano Onnis

CAGLIARI. La Sardegna all’avanguardia nel mondo per la bonifica dei suoli minerari inquinati da metalli pesanti: questo grazie a un’innovativa tecnica messa a punto da ricercatori dell’Università di Cagliari.
Il nuovo sistema, basato sulla meccanochimica, consiste in un procedimento in apparenza anche abbastanza semplice: lo sgretolamento all’interno di speciali mulini delle porzioni di terreno inquinato, con successiva selezione dei metalli inquinanti come piombo e zinco che vengono di fatto “immobilizzati” definitivamente e messi nella condizione di non poter più rilasciare le sostanze nocive.
Certo, a dirsi sembra una cosa abbastanza facile, ma in realtà la tecnica è abbastanza complessa e per i non addetti ai lavori piuttosto ostica da assimilare. C’è però da avere fiducia: lo staff di trenta ricercatori che ha lavorato all’innovativo sistema per quattro anni e mezzo, con il coordinamento del docente della facoltà di Ingegneria Giacomo Cao, è di assoluto livello e non c’è alcun dubbio che sarà presto applicato sul campo con risultati - promettono i tecnici - straordinari. I siti minerari che hanno fatto da laboratorio sperimentale sono quelli di Montevecchio, nell’Arburese-Guspinese, e di Barraxiuta, a Domusnovas (Iglesiente). Ma altri riscontri sono stati raccolti in diverse parti dell’isola dove le aree minerarie non mancano.
 Gli aspetti tecnici del progetto di ricerca chiamato Nuove tecnologie per la bonifica e il ripristino ambientale di siti contaminati» sono stati illustrati ieri mattina a Cagliari in un workshop organizzato a conclusione del relativo Progetto Pon (costo complessivo di poco superiore ai due milioni e mezzo di euro fra ricerca e formazione) che ha visto partner l’Università cagliaritana con il suo Centro interdipartimentale di ingegneria e scienze ambientali, i dipartimenti di Ingegneria chimica e materiali e di Geoingegneria e tecnologie ambientali, il Crs4 e l’impresa privata Scilla.
In realtà le nuove tecniche di disinquinamento presentate dallo staff del professor Cao sono quattro: alla meccanochimica si aggiungono l’elettrocinesi, il getto d’acqua e la phytoremediation, quest’ultima davvero singolare perchè si basa su processi di fito-estrazione e di fito-stabilizzazione promossi da particolari specie vegetali in grado di estrarre o ridurre la biodisponibilità dei metalli pesanti in suoli contaminati. Gli studi hanno confermato che questa tecnica è particolarmente adattabile al sito minerario di Montevecchio proprio per la presenza in loco di idonee specie vegetali.
La soddisfazione dei partner del progetto è tanta e legittimamente manifesta. In apertura del workshop, il prorettore dell’ateneo cagliaritano Franco Nurzia ha ricordato che «le strategie ambientali per il futuro passano per le sinergie fra centri di ricerche, imprese e istituzioni come l’Università» e che «la Sardegna sta già marciando da tempo in questa direzione, con risultati lusinghieri». In sintonia con Nurzia il vicepresidente del Crs4 Franco Meloni «Occorre uno sforzo per unire la ricerca accademica con il mondo delle imprese» e il rappresentante della Scilla (società con sede a Cagliari e Cairo Montenotte, in Liguria), Fabrizio Garau.
 A chiudere la dettagliata relazione del coordinatore scientifico del progetto, Giacomo Cao: «I risultati ottenuti rappresentano un dato scientifico di assoluto valore internazionale». (05 aprile 2007)

Fonte: La Nuova Sardegna
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