di Antonio Arduino del 29/09/2008AVERSA. Malgrado le tante smentite e le manifestazioni di piazza, fatte di assaggi pubblici di mozzarella, registrate nei primi mesi dell’anno nel casertano, e non solo, il latte (e derivati) alla diossina era, e forse lo è ancora, un dato di fatto.
Video intervista al dott. Marfella in fondo all'articolo. A certificarlo è lo studio Sebiorec, una ricerca finanziata dalla Regione Campania avviata a seguito della “rilevazione - si legge nelle note esplicative annesse allo studio - di alti livelli di diossine nel latte ovino e bovino di alcuni allevamenti localizzati nel territorio delle aziende sanitarie locali Napoli 2, Napoli 4 e Caserta 2”. Rilevazione dalla quale “sono emersi – continua la nota esplicativa - problemi rilevanti di inquinamento ambientale, derivato soprattutto dalla gestione impropria dei rifiuti, e segnali di sofferenza della salute di comunità locali”. In pratica chi ha promosso lo studio Sebiorec ha dato ragione ai tanti che denunciavano aumenti di malformazioni fetali, di malattie polmonari, di neoplasie e molte altre patologie come sterilità e infertilità, a carico dei residenti nei comuni confinanti con le discariche o sede delle stesse. Quegli allarmi, lanciati in tempi non sospetti, quando forse era ancora possibile intervenire con successo quanto meno per ridurre i danni alla salute, sono rimasti inascoltati.
Oggi, però, si prova a fare qualcosa. Uno studio scientifico, una ricerca. Volta, come se ce ne fosse bisogno, a
“comprendere meglio la relazione tra l’inquinamento ambientale e lo stato di salute” monitorando il livello di esposizione delle popolazioni a inquinanti ambientali, scegliendo i soggetti da esaminare tra i residenti dei comuni più a rischio. Tra questi c’è Aversa. Che, malgrado sul suo territorio non ospiti alcuna discarica ufficiale, occupa il secondo posto, dopo Caivano, nella classifica dei 7 comuni definiti - quanto a rischio - di fascia A ovvero “ad elevata pressione ambientale da rifiuti”, distanziando di due posizioni Acerra , dove sono stati ritrovati persino dei camion carichi di rifiuti interrati, e di tre posizioni il comune di Giugliano dove la discarica c’è e che discarica. E troviamo di nuovo Aversa, sempre seconda dietro Caivano, tra i 5 comuni scelti per monitorare la presenza di diossina nel latte. Una curiosità, tra i comuni considerati di fascia C, vale a dire a pressione ambientale nulla o bassa, insomma liberi da diossina, c’è Casapesenna.
Ma tornando alla ricerca promossa dalla Regione viene da chiedere quale valore scientifico o statistico potranno mai avere per gli oltre 6 milioni di abitanti della Campania i risultati ottenuti da un campione complessivo di 780 soggetti, esaminati a gruppi (pool) di 10? “I controlli dei livelli di diossina nell’uomo, partiti in regione sotto impulso del nostro istituto, - dice in proposito
Antonio Marfella, tossicologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, uno dei pochi italiani che conosce quanta diossina ha nel sangue per avere effettuato, a proprie spese, il controllo presso un laboratorio specializzato del Canada nell’ambito di una sua personale ricerca, noto al pubblico televisivo per aver partecipato alle inchieste sull’emergenza rifiuti realizzate da Porta a Porta e da Report -
non esistendo in Campania laboratori di analisi cliniche attrezzati vengono effettuati in due laboratori extraregionali con risultati che lasciano perplessi gli stessi esperti dell’Istituto Superiore di Sanità”. “Perché – spiega - si stanno eseguendo con il sistema del pool, tecnica che permette l’individuazione dei livelli di sostanze tossiche non nel soggetto infetto ma nel pool.
Cosicché con solo 78 analisi si pretende di valutare il livello di inquinamento di 6 milioni di cittadini”. Da qui, per il tossicologo, la scarsa utilità pratica dello studio che, comunque, considera un buon inizio rispetto al nulla preesistente.
“Magari servirà a far si che la Campania si attrezzi per effettuare da se questo tipo di controllo, il cui costo oscilla tra 1000 e 1500 euro, così come avviene in Lombardia, dove con solo 300 laboratori ben tre sono accreditati al controlli sulla diossina”. “Quanto ai danni causati nell’uomo, trattandosi di un avvelenamento cronico, va detto – aggiunge Marfella - che sono proporzionati alla quantità di sostanze assorbite. E dico sostanze, perché quando parliamo di diossina ci riferiamo ad oltre 270 sostanze diverse, appartenenti alla medesima classe, alcune delle quali direttamente cancerogene, altre capaci di indurre malattie gravi tra cui l’infertilità e il cancro”.
Quindi la necessità di monitorare regolarmente i livelli di diossina nel sangue per non superare i valori di soglia, pari a 24-25 picogrammi (1 picogrammo è 1 miliardesimo di milligrammo) per un uomo di 70 chili (il rischio tumore è a quota 100) perché, purtroppo, ad oggi non esistono medicine per ridurre eventuali livelli alti di diossina presenti nell’organismo. “Si può solo tenerli stabili, limitando il consumo di cibi potenzialmente contenenti diossina”, conclude Marfella augurandosi che il controllo della diossina entri presto nella routine dei laboratori di analisi cliniche, magari proprio grazie allo studio Sebiorec.
Intervista al dott. Marfella del 07.04.08
Fonte:
pupia.tv