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Autore Discussione: Meno del 30% delle terapie ufficiali si basa su prove di efficacia  (Letto 218 volte)
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« inserita:: Luglio 18, 2008, 12:21:52 am »

Post del 13/08/06

“Meno del 30% delle terapie usate dalla medicina ufficiale si basa su prove di efficacia”, dichiara il prof. Del Barone, presidente degli Ordini dei Medici

Il prof. Giuseppe Del Barone, presidente degli ordini dei medici.
Mi chiedo come mai un’ammissione di pensiero truffaldino da parte del presidente degli ordini dei medici italiani non abbia provocato neanche un bisbiglio dai media (c’è qualcuno che ha ancora qualche dubbio sul livello morale medio dei giornalisti?).
L’ammissione significa che più del 70% delle terapie praticate sui malati non ha alcuna validità scientifica.
Ma lo Stato, noi, paga comunque per esse.


La conclusione che ne traggo è che se un singolo medico pratica o promuove una terapia innovativa è pesantemente punito perché “non provata scientificamente”.
Se la terapia è invece praticata dai “baroni” all’interno della struttura ortodossa, essa è accettabile, e la prova scientifica che funzioni non diventa più necessaria (vedi, per esempio, la costosissima e micidiale terapia, non provata, chiamata chemioterapia).

Maliziosamente, non posso non pensare che, per via del suo cognome, il Presidente Del Barone abbia tratto un vantaggio illecito al momento della sua elezione alla presente carica… rl

Commento del Dr. Giorgio Vitali.
Solo in questi giorni ho potuto leggere l’articolo di Dacia Maraini, dedicato alle sofferenze degli animali da esperimento ed alla insensibilità umana, pubblicato sul Corriere della Sera del 5 dicembre scorso. Concordo in pieno con quanto scritto dalla nota scrittrice, ed aggiungo che si tratta di sofferenze, per lo più inutili, di qualche milione di animali al giorno.

…A chiarire ancora di più il quadro, confermando la sostanziale inutilità della sperimentazione sugli animali, è recentemente intervenuto il Presidente della Federazione degli Ordini dei Medici, il prof. Giuseppe Del Barone, il quale, anche nella sua veste di membro del Consiglio Superiore della Sanità, ha dichiarato con molta tranquillità che meno del 30% delle terapie usate dalla medicina ufficiale si basa su prove di efficacia. La qualcosa significa che più del 70% delle pratiche mediche utilizzate abitualmente nel nostro paese non ha alcuna legittimità “scientifica”.

E’ quanto noi, che ci interessiamo della moralità nella sanità, andiamo ripetendo da decenni.
Ma fino ad oggi nessun esponente di un Organo Ufficiale a livello istituzionale e di garanzia si era esposto in una dichiarazione di tale portata. Dichiarazione che solo in un paese di “sonnolenti” come il nostro è passata inosservata. In qualsiasi altro paese avrebbe necessariamente sollevato un tale polverone da costringere gli Organi dello Stato ad intervenire per colpire duramente i falsari, gli incoscienti ed in ultima analisi i delinquenti che praticano terapie senza sapere cosa fanno.
In questo caso, ripetiamolo, si tratta del 70% di tutte le terapie praticate.

In un aureo libretto, “Attenti alle Bufale”, Il Pensiero Scientifico Editore, ottobre 2005, l’ autore, Tom Jefferson, studioso del nostro Istituto Superiore della Sanità, scrive: “ …Da un po’ di tempo, chi lavora alla sintesi delle prove scientifiche si è reso conto, fatti alla mano, che la stragrande maggioranza di ciò che si legge e si dice nella scienza biomedica è di dubbia qualità”.

Mi permetto di fare presente che tale dubbia qualità riscontrata da un ricercatore serio è l’esatto contrario di quanto viene fatto credere al colto ed all’inclita.
Non solo: il settore biomedico è quello nel quale la qualità della ricerca e della messa in pratica dei risultati della ricerca dovrebbe avere la sanzione della massima trasparenza.
Invece ci troviamo a sopravvivere in una situazione che è palesemente l’esatto contrario; tant’è vero che quella dovuta al cattivo o maldestro uso degli strumenti sanitari è la prima causa di decessi nel mondo.

Disinteresse, negligenza, colpevole inosservanza della Legge.
E’ il caso di ricordare che esiste un dettato costituzionale in cui sono in primo piano la tutela e la promozione dei diritti fondamentali della persona, della sua dignità ed identità (art. 2), della libertà personale (art. 13) e del diritto alla salute (art. 32).

La Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale hanno messo in luce l’ampiezza di tale principio. Qualsiasi atto invasivo della sfera fisica, sia di natura terapeutica che non terapeutica, non può avvenire senza o contro il consenso della persona interessata, in quanto la “inviolabilità fisica” costituisce il “nucleo essenziale” della stessa libertà personale.

Per contro, l’ imposizione di un determinato trattamento sanitario si giustifica soltanto se previsto da una Legge che lo prescrive anche in funzione di tutela di un interesse generale e non soltanto a tutela della salute individuale, e se è comunque garantito il “rispetto” della dignità della persona (art. 32 Cost.)…[Gilda Ferrando in “Testamento Biologico. Riflessioni di dieci giuristi”. Il Sole 24 Ore, gennaio 2006]

Se tale è la situazione tanto dal punto di vista costituzionale quanto da quello giuridico, e non c’ è alcun bisogno di dimostrarne le ragioni, come si può tollerare che nella pratica quotidiana di (apparente) tutela della salute, si verifichi quanto apertamente dichiarato dal Presidente della Federazione degli Ordini dei Medici d’Italia? Dov’è la tutela del cittadino?
Quali garanzie vengono date al cittadino che (interventi chirurgici di grave pericolosità a parte) si pratichi l’obbligo del consenso informato anche sulle semplici ricette mediche?

A noi risulta il contrario. Nessun operatore sanitario chiede il consenso ed informa compiutamente il cittadino sulle terapie prescritte.
Chi dovrebbe informare il cittadino? Il foglietto illustrativo, chiamato appropriatamente s-bugiardino?

Chi pensa di far applicare la legge (la 833/78 negli articoli 29 e 31), la quale obbliga il Servizio Sanitario Nazionale a garantire la corretta informazione e l’aggiornamento di tutti i medici?
Chi ci fa sapere se e come il Servizio Sanitario Nazionale si è premurato di applicare questa legge? In questa confusione di ruoli e di competenze chi potrà dimostrare con onestà intellettuale e morale, oltrechè scientifica, l’ utilità del sacrificio fra terribili sofferenze degli animali adibiti alla ricerca?

Dr. Giorgio Vitali.
Presidente Federazione Nazionale Quadri Informazione Scientifica e Ricerca.
g.vitali@chimici.it
Fonte: Consensus - Rinaldo Lampis
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