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Cristiana Di Stefano Forum  |  General Category  |  ELEMENTI TOSSICI  |  Cos'è il Carbone? (Moderatore: cristiana)  |  Discussione: Effetti nocivi della combustione del carbone 0 utenti e 1 Utente non registrato stanno visualizzando questa discussione. « precedente successivo »
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Autore Discussione: Effetti nocivi della combustione del carbone  (Letto 285 volte)
cristiana
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« inserita:: Gennaio 21, 2009, 07:07:05 pm »

21/01/09

La combustione del carbone, come quella di ogni altro composto del carbonio, produce anidride carbonica (CO2) , oltre a quantità variabili di anidride solforosa, a seconda del luogo dal quale è stato estratto. L’anidride solforosa reagisce con l’acqua, formando acido solforoso. Se l’anidride solforosa viene rilasciata nell’atmosfera, reagisce con il vapore acqueo ed eventualmente torna sulla terra in forma di pioggia acida.
Le emissioni della combustione di carbone in centrali elettriche rappresenta la più grande fonte artificiale di anidride carbonica, che secondo la maggior parte degli studiosi del clima è causa primaria del riscaldamento globale. Oltre a questo, nelle emissioni degli impianti sono presenti molti altri inquinanti.
Alcuni studi dichiarano che le emissioni delle centrali elettriche a carbone siano responsabili della morte prematura di decine di migliaia di persone, solo negli Stati Uniti. Inoltre, queste emissioni sono le principali responsabili delle pioggie acide di alcune nazioni. le centrali elettriche moderne utilizzano varie tecniche per limitare la nocività dei loro scarichi e per aumentare l’efficienza della combustione, anche se queste tecniche non sono utilizzate in molti paesi, visto che gravano sul costo degli impianti. Per ridurre le emissioni sono state proposte tecniche di “sequestro” della CO2, ma non in larga scala.
Il carbone contiene anche tracce di altri elementi, compresi l’arsenico e il mercurio, che sono pericolosi se rilasciati nell’ambiente. Il carbone contiene anche tracce di uranio e altri isotopi radioattivi naturali, che rilasciati nell’ambiente possono comportare una contaminazione radioattiva.
Sebbene queste sostanze siano presenti solo in tracce, bruciando grandi volumi di carbone ne vengono rilasciate quantità significative. Una centrale a carbone, durante il suo funzionamento, emette nell’aria più radioattività di quella che emette una centrale nucleare di pari potenza.

Il carbone minerale, qualunque sia la sua qualità (litantrace, antracite, lignite, torba) e per quanto vagliato e polverizzato, essendo residuo fossilizzato di materiali lignei e vegetali, contiene sempre, oltre allo zolfo, anche se in differenti dosi, maggiori quantità rispetto ai derivati del petrolio di metalli pesanti (quali nichel, cadmio, piombo, mercurio, cromo e arsenico) e di alogeni, in particolare fluoro, cloro e loro composti. L’acido solforico e gli altri acidi forti, come quelli cloridrico (HCl), fluoridrico(HF) e nitrico (HNO3) non sono, peraltro, gli unici prodotti indesiderati della combustione che, se perfetta, dovrebbe generare solo acqua sotto forma di vapore e anidride carbonica (o biossido di carbonio – CO2). E’ infatti ben noto che un’ossidazione incompleta (e a maggior ragione lo sarebbe con un combustibile allo stato solido anziché liquido o gassoso) produce anche ossidi di azoto (NOx) e monossido di carbonio (CO). Quest’ultimo, in particolare, è unanimemente riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale come un gas altamente tossico e nocivo se si considera che, respirato anche in piccole dosi, si sostituisce all’ossigeno nella sua insostituibile funzione vitale fissandosi rapidamente all’emoglobina del sangue, formando la carbossiemoglobina e causando situazioni di crisi nell’ossigenazione delle cellule.

Basta, infatti, una concentrazione nell’aria (formata per circa il 21% da O2, per il 70% da N e minori quantità di gas inerti) di CO pari solo allo 0,7%, per impegnare circa la metà dell’emoglobina del sangue. L’azione tossica si manifesta con cefalea e vomito e porta rapidamente a uno stato di coma fino al blocco della respirazione, con collasso vascolare. La presenza del cloro, inoltre, comporta la formazione e l’emissione nell’ambiente circostante di microinquinanti quali le policloro-dibenzodiossine e i policloro-dibenzofurani; le diossine, in particolare, risultano nocive per l’uomo anche in concentrazioni di qualche ng/Nm3. Annesse a queste ultime vi sono le nanopolveri o nanoparticelle (aggregati molecolari con un diametro compreso indicativamente fra 2 e 200 nm, si parla in particolare di PM0,2 considerando che la doppia elica del DNA ha un diametro di circa 2 nm), più sottili e più nocive della PM10 o particolato fine (già responsabile di malattie cardiogene quali infarto, scompenso cardiaco, cancro polmonare, ictus) che danno origine alle nanopatologie.

(segue)
« Ultima modifica: Gennaio 21, 2009, 07:15:26 pm da cristiana » Registrato

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« Risposta #1 inserita:: Gennaio 21, 2009, 07:10:11 pm »

Queste microscopiche particelle di materiale inorganico che contiene metalli pesanti come arsenico, cromo, cadmio, alluminio, penetrano nell’organismo umano e animale arrivando direttamente nel sangue (se ingerite attraverso cibi esposti alle polveri verrebbero poi per la gran parte eliminate tramite le feci e le urine, ma la quota residua entro circa un’ora passerebbe attraverso la barriera intestinale annidandosi nei tessuti degli organi, che non sono poi in grado di espellerle efficientemente perché bioincompatibili) entro 60 minuti dalla loro inalazione esercitando una forte reazione di autodifesa degli anticorpi macrofagi che, a loro volta sono incapaci di aggredire le polveri a causa della loro ridotta dimensione (inferiori a quelle di un virus e prossime o eguali a quelle molecolari). Il macrofago persiste nell’attacco alle nanopolveri, generando una infezione nel sistema immunitario che da l’origine al tumore, a loro volta le nanoparticelle oltrepassano le membrane dei globuli rossi arrivando fino alle cellule, dove, alterandone le caratteristiche (o alterando le caratteristiche del DNA), le trasformano in cellule tumorali.

Queste alterazioni sono presenti anche nello sperma dell’uomo che, fecondando la donna trasmette i geni modificati al feto, che a sua volta presenta malformazioni già dai primi giorni di sviluppo. Un’associazione di elementi simili è stata riscontrata al livello epidemiologico e in maniera rilevante nei casi di soldati ammalatisi durante la prima guerra del Golfo (sindrome del Golfo), e durante la guerra del Kosovo (sindrome dei Balcani), dove l’utilizzo massiccio di proiettili di uranio impoverito generava dallo schianto dei metalli coinvolti nella perforazione del proiettile sulle corazze, temperature fino a 2500/3000 °C, entro le quali questi sublimavano generando nanopolveri dalla caratteristica sfericità. La sedimentazione negli organi dell’uomo delle nanoparticelle genera infezioni e tumori (13 tipi di carcinomi conosciuti) a partire dal primo deposito fino ai venti anni di permanenza (nei casi di soggetti più resistenti). L’arsenico assunto nel sangue e causa di cancro ai polmoni, al fegato, alla vescica, al rene, alla pelle e all’intestino, si associano quindi agli effetti distruttivi i granulomi renali permanenti, alcune malattie del sangue come le trombosi (a causa dell’indotta trasformazione del fibrinogeno in fibrina), i tumori (come i Linfoma di Hodgkin) nonché tutti gli stati patologici causati da concentrazione di elementi inquinanti nell’organismo. I sedimenti di metalli pesanti non sono comunque espellibili dall’organismo e vi restano in modo permanente. Per ridurre a livelli accettabili le suddette immissioni nell’atmosfera di sostanze nocive, tossiche e corrosive, di incombusti e di particelle solide, cancerogene, contenute nei fumi, sarebbe necessario progettare e costruire dei filtri di concezione avveniristica che sarebbero, tuttavia, non idonei a trattenere le emissioni radioattive derivate dalla presenza del gas radon, che permane nelle particelle del minerale anche dopo la combustione ad elevata temperatura.

Fonte: adria.blogolandia.it
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