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« inserita:: Agosto 30, 2008, 07:36:54 pm » |
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30/08/08
E’ apparso in agosto un rapporto di Greenpeace che denuncia le condizioni nelle quali certi rifiuti elettronici provenienti da Germania, Paesi Bassi, Svizzera e Corea vengono “riciclati” in Ghana. L’associazione ecologista ha condotto l’inchiesta studiando due discariche, una delle quali serve per il ritiro e il deposito di vari prodotti elettronici (computer, schermi, tv) e l’altra per la rivendita di alcune parti.
Il disassemblaggio viene effettuato manualmente e gli apparecchi sono spesso bruciati a cielo aperto, per isolare il rame o la plastica. Il risultato è la sostanziale contaminazione del suolo, grazie alle ceneri piene di sostanze chimiche rilasciate dai dispostivi bruciati.
Lo stesso tipo di inquinamento, secondo Greenpeace, si registra in India, Russia o Cina. Inoltre, questo lavoro viene spesso svolto da bambini, con strumenti rudimentali e senza protezioni. In base ai dati disponibili, il rame viene poi rivenduto a 0,22 dollari per libbra, mentre la plastica a 0,01 dollari al chilo.
Greenpeace ha sottolineato come, nonostante esistano legislazioni strette in materia, l’Unione Europea “perda” circa il 75% dei propri rifiuti elettronici.
Molti di questi detriti contengono elementi metallici e chimici pericolosi, ma la loro lavorazione finisce per essere affidata a nazioni dove non esistono regole in materia. L’Africa, in particolare, è il ricettacolo di un inquinamento crescente, se si pensa che ogni anno dai 20 ai 50 milioni di tonnellate di rifiuti sono generati nel mondo.
Una possibile soluzione parziale sta nella costruzione di apparecchi che contengono un minor quantitativo di sostanze tossiche, ma è nel controllo dello smaltimento dei rifiuti e nelle normative che lo regolano (da estendere a tutto il mondo) il vero nocciolo della questione. Per non parlare degli interessi della criminalità organizzata, come insegna Napoli.
Fonte: thinkzone.databusiness.it
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