Autore Topic: Studio scientifico: inefficacia dei chelanti sulle malattie neurodegenerative  (Letto 24391 volte)

cristiana

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24-11-10

Studio scientifico: inefficacia delle terapie chelanti classiche nella cura delle malattie neurodegenerative

ChelationTherapy forNeurodegenerative Diseases
Silvia Bolognin,1 Denise Drago,1 Luigi Messori2 and Paolo Zatta11Department of Biology, CNR-Institute for Biomedical Technologies, Padua ‘‘Metalloproteins’’ Unit, University of Padua, Viale G. Colombo 3-35121 Padua, Italy2Department of Chemistry, Laboratory of Metals in Medicine ‘‘METMED,’’ University of Florence, Via dellaLastruccia 3, 50019 Sesto Fiorentino, Florence, Italy Published online in Wiley InterScience (www.interscience.wiley.com).DOI 10.1002/med.20148

“In questo articolo gli autori mettono in evidenza l’inefficacia delle terapie chelanti classiche nella cura delle malattie neurodegenerative e prendono in considerazione interessanti nuove vie di complessazione dei metalli tossici utilizzando molecole biologiche (tocoferoli, polifenoli e vitamina C) in associazione a minerali antagonisti. Mettono ancora una volta in guardia sul pericolo della deplezione degli oligoelementi essenziali nella terapia chelante classica.” Dott. Gerardo Rossi

Abstract: (Traduzione Dott. Marco Sileoni)
I metalli tossici svolgono un ruolo determinante nell’insorgenza delle malattie neurodegenerative (ND). Studiando la base molecolare per questo gruppo eterogeneo di malattie, si è evidenziato che questi metalli sono coinvolti nell’insorgenza e nella progressione di patologie che colpiscono la conformazione di specifiche proteine o che provocano stress ossidativo locale.  Il ruolo apparentemente critico giocato dalla dissociazione per omeostasi dei metalli nelle ND rende la terapia di chelazione una opzione farmacologicamente interessante. Comunque il metodo classico di chelazione, con forti chelanti, è risultata avere successo soltanto in quei rari casi dove l’elevata concentrazione di un metallo nel cervello è legata a specifici difetti nel metabolismo del metallo stesso. I metodi di chelazione con ligandi di media intensità, sembrano essere i più adatti per combattare le ND, anche se i loro benefici sono ancora messi in dubbio. In questo articolo descriviamo una rassegna di recenti studi a supporto dell’utilizzo di diverse sostanze complessanti i metalli, e nano particelle finalizzate al trattamento delle ND più comuni. I benefici neurofarmacologici dei chelanti specifici dei metalli derivano da una ridistribuzione del metallo piuttosto che da una sua rimozione massiccia. Le prospettive per lo sviluppo di nuovi agenti efficaci contro le ND sono criticamente discussi.

Abstract:(Originale)
Mounting evidence suggests a central role for transition biometals in the etiopathogenesis of neurodegenerative diseases (ND). Indeed, while studying the molecular basis for this heterogeneous group of diseases, it has become increasingly evident that biometals and nonphysiological Al are often involved in pathology onset and progression, either by affecting the conformation of specific proteins or by exacerbating local oxidative stress. The apparently critical role played by metal dishomeostasis in ND makes chelation therapy an attractive pharmacological option. However, classical metal chelation approaches, relying on potent metal ligands, turned out to be successful only in those rare cases where exceptional brain metal accumulation occurs due to specific defects in metal metabolism. In contrast, metal-targeted approaches using ligand of intermediate strength seem to be more appropriate in fighting the major ND, although their benefits are still questioned. We report here a survey of recent evidences supporting the use of a variety of metal ligands, and even functionalized nanoparticles, for the treatment of the most common ND. The beneficial neuropharmacological actions of metal-targeted agents most likely arise from local metal redistribution rather than from massive metal removal. The perspectives for the development of new effective agents against ND are critically discussed.
& 2009 Wiley Periodicals, Inc. Med Res Rev
Key words: neurodegeneration; amyloid; aggregation; chelation; metal ions

Fonte
Cristiana

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Ho 53 anni e - dal 2001 - una diagnosi di Mielite Trasversa, molto dibattuta tra i medici, al primo ricovero (Neurologia Legnano). Sei - sette ricoveri successivi: San Raffaele, Besta, Mondino Pavia, Niguarda (io mi sentivo ciclicamente sempre peggio, ma in ogni ospedale mi hanno sempre rifatto gli stessi esami e riconfermato la diagnosi).  Blocco totale delle funzioni "dalla cintola in giù", spossatezza costante. Mi rimaneva una deambulazione incerta che è degenerata dopo l'ultima risonanza magnetica con Gadolinio. Il giorno stesso ho avuto un grave incidente automobilistico (non sentivo le gambe, non ho potuto frenare). Ora posso guidare solo auto con comandi manuali e cammino - poco e male - solo con la stampella. Ho sempre pensato che la diagnosi fosse errata, questo mi ha solo fatto passare per "disturbato" nella cerchia di medici, parenti ed amici. Ovviamente nessuno ha mai pensato di farmi controllare i metalli pesanti. Ora ho in corso due controlli: un'esame urine post EDTA e il Mineral Test. A giorni avrò gli esiti di entrambi. Siccome percepisco un decadimento costante (anche mentale - scarsa memoria, difficile concentrazione, un costante "fruscio" cerebrale, bruxismo diurno) chiedo come dovrò comportarmi per disintossicarmi. E' bene valutare prima i valori riscontrati dalle analisi? La terapia chelante è sempre sconsigliabile? P.S. ho 5 amalgame dentali antiche. Grazie.

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