18/10/10Le piante mangia-metalli
Risanare i terreni inquinati da metalli pesanti coltivando particolari piante: è questa la nuova frontiera delle tecniche di riqualificazione ambientale. Studi recenti hanno dimostrato l’efficacia della
fitodecontaminazione, mediante cui
girasoli, mais e brassicacee (piante della famiglia dei cavoli) possono essere impiegate come
sistemi di disinquinamento.
“Elevate concentrazioni di metalli in forma diffusa e parcellizzata quali polveri, microparticelle presenti nell’aria, nel suolo e nelle acque” - ha spiegato Franco Gambale, direttore dell’Istituto di biofisica (Ibf) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Genova - sul notiziario del Cnr - possono avere gravi conseguenze sulla salute umana e tra i metalli pesanti il piombo è l’elemento più diffuso.
Le tecniche utilizzate fino a oggi, con elementi chimici, hanno limiti oggettivi sia per i costi di bonifica delle aree interessate, sia per gli effetti successivi al trattamento: perdita della fertilità e altre gravi alterazioni di natura chimica, fisica e biologica, tali che le aree inquinate rimangono inutilizzate per decine di anni”.
“La fitodecontaminazione, al contrario, è un processo di
purificazione naturale, in quanto - ha continuato il direttore dell’Ibf-Cnr - sfrutta la capacità delle piante di assorbire elementi e composti dal suolo per poi concentrarli nelle parti mietibili (fusto e foglie).
Le piante in questione, se opportunamente
trattate con sostanze dette chelanti, che servono a rendere estraibili i metalli inquinanti,
funzionano come pompe che operano a energia solare, in grado di assorbire dall’acqua e dal terreno non solo i sali minerali necessari per la propria sussistenza, ma anche elementi tossici minerali e/o organici”.
Fonte
14/10/10(AGI) - Roma, 14 ott. -
Risanare con la coltivazione di piante i terreni inquinati da metalli pesanti a causa delle attivita' umane. E' questa la nuova frontiera delle tecniche di riqualificazione ambientale. Studi recenti hanno dimostrato l'efficacia della
fitodecontaminazione, mediante cui,
girasoli, mais e brassica (una pianta della famiglia dei cavoli), possono essere impiegati come sistemi di disinquinamento.
''Elevate concentrazioni di metalli in forma diffusa e parcellizzata quali polveri, microparticelle presenti nell'aria, nel suolo e nelle acque'' - ha spiegato Franco Gambale, direttore dell'Istituto di biofisica (Ibf) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) di Genova - sul notiziario del Cnr - possono avere gravi conseguenze sulla salute umana e tra i metalli pesanti il piombo e' l'elemento piu' diffuso. Le tecniche utilizzate fino a oggi, con elementi chimici, hanno limiti oggettivi sia per i costi di bonifica delle aree interessate, sia per gli effetti successivi al trattamento: perdita della fertilita' e altre gravi alterazioni di natura chimica, fisica e biologica, tali che le aree inquinate rimangono inutilizzate per decine di anni''.
''La fitodecontaminazione, al contrario, e' un processo di purificazione naturale, in quanto - ha continuato il direttore dell'Ibf-Cnr - sfrutta la capacita' delle piante di assorbire elementi e composti dal suolo per poi concentrarli nelle parti mietibili (fusto e foglie).
Le piante in questione, se opportunamente trattate con sostanze dette chelanti, che servono a rendere estraibili i metalli inquinanti, funzionano come pompe che operano a energia solare, in grado di assorbire dall'acqua e dal terreno non solo i sali minerali necessari per la propria sussistenza, ma anche elementi tossici minerali e/o organici''. (AGI) Red/Mld/Dib
Fonte