Tra i fossili, il
carbone è quello che potrebbe avere vita più lunga.
A differenza del petrolio, concentrato in aree geografiche per lo più limitate al Medioriente, il carbone è diffuso quasi uniformemente sulla superficie terrestre: Australia, Stati Uniti, Europa, Cina, India, Colombia, Sud Africa etc...
Questo lo si deve innanzitutto alle grandi foreste della preistoria, dove il carbone si è formato da resti di piante cresciute in ecosistemi paludosi, che una volta morte, si depositarono in ambienti acquatici, dove il basso livello di ossigeno prevenne la loro decomposizione.
Il carbone è composto principalmente da carbonio e idrocarburi. Il carbonio, come sappiamo, costituisce il primo mattone delle molecole organiche degli uomini, degli animali e degli altri organismi viventi. E' diffusissimo sul nostro pianeta, così pure come lo è nel Sistema Solare e nell'Universo, fa parte delle stelle e lo si trova nelle meteoriti.
Oggi il carbone lo si utilizza per produrre ricchezza o addirittura per inquinare o per le nuovissime tecnologie. Esso rappresenta una delle principali fonti di energia dell'umanità e uno dei modi più inquinanti per produrlo. Eppure, ancora nel 2006, oltre il 40 % dell'energia elettrica mondiale è stato prodotto bruciando carbone.
Ed è proprio per la sua diffusione, la facilità di reperirlo, rispetto agli altri fossili (solo i giacimenti che già si conoscono possono assicurare riserve per almeno altri 200, 250 anni), che si rende più competitivo, con il vantaggio che annulla qualsiasi possibilità di accordo tra i produttori (una sorta di Opec ), cosicchè il prezzo rimane sempre regolato dalla concorrenza.
In Europa l'energia prodotta da centrali a carbone, è intorno al 30% (in Italia arriva al 10%).
Ma anche se il carbone si rende sicuro nel trasporto rispetto ai rischi delle petroliere e dei gasdotti, purtroppo è la fonte energetica che provoca il maggior numero di morti ogni anno ed è il maggior inquinante del pianeta e
malgrado la diffusione del termine "carbone pulito" il carbone è sporco.
Bruciato, produce ossido di carbonio, azoto e zolfo, nonchè il micidiale percolato, polvere sospesa in aria che si deposita inesorabilmente nei polmoni. Nei soli Stati Uniti le centrali elettriche a carbone contribuiscono per oltre 2/3 alle emissioni di biossidi di zolfo e per circa 1/5 a quelle di ossidi di azoto.
Il biossido di zolfo reagisce nell'atmosfera formando particelle di solfato, che oltre che a provocare le piogge acide, contribuiscono all'inquinamento da polveri sottili, contaminante correlato a migliaia di morti premature per malattie polomonari.
Gli ossidi di azoto si combinano con idrocarburi, formando ozono e smog a livello del suolo. In America le centrali a carbone emettono anche circa 48 tonnellate di
mercurio all'anno. Questo metallo altamente tossico persiste nell'ecosistema.
Ma proprio per il fatto di ritenerlo una provvista energetica "abbondante" e a buon mercato, finchè saremo costretti a consumare
carbone, bisognerà impegnarsi di più per mitigarne i danni.
Tuttavia se saranno vinte certe sfide tecnologiche gli elementi inquinanti derivanti dalla combustione del carbone, possono essere notevolmente ridotti da filtri speciali all'uscita dei bruciatori, i quali riescono a bloccare oltre il 99% delle polveri, il 90% degli ossidi di zolfo possono essere poi catturati chimicamente e utilizzati per produrre gesso da costruzioni; gli ossidi di azoto sono ridotti fino al 70% grazie a bruciatori di nuova generazione.
Ma per quanto la cattura e l'immagazzinamento del carbonio sia in grado d'impedire l'ingresso in atmosfera di gran parte dell'anidride carbonica, la produzione e il consumo del carbone restano uno dei processi industriali più distruttivi.
Fonte:
ilprofessorechos.blogosfere.it