25-05-2007
Maria Triassi, ordinaria di Igiene e Medicina preventiva all’Università Federico II, lancia l’allarme diossina.
“Il problema maggiore è rappresentato dai roghi dei rifiuti, per la diossina che viene sprigionata dalla combustione. Non solo. Le tanto attese piogge, poi, non fanno altro che far ricadere le sostanze tossiche sotto forma di pioggia acida. Ma la diossina è sprigionata anche dai rifiuti che stazionano sul terreno - aggiunge - I sacchetti di plastica, infatti, sono i principali responsabili della degradazione in diossina, scorie che vanno a finire nel terreno e che possiamo ritrovare sulle nostre tavole”.
D. In quanto tempo ci accorgeremo delle conseguenze?
R. Immediatamente, a causa dell’ingresso della sostanza direttamente nell’ecosistema. Già subiamo gli effetti a lungo termine dello sversamento selvaggio avvenuto oltre trent’anni fa.
D. Com’è possibile contenere l’emergenza?
R. I Comuni devono cercare soluzioni in autonomia. La raccolta differenziata e una maggiore sorveglianza sulla differenziazione dell’immondizia possono dare nell’immediato le prime risposte concrete. Non solo. Ogni amministrazione locale dovrebbe avere un proprio inceneritore: una strada percorribile attraverso consorzi su base provinciale o intercomunale.
D. Quali idee propone il mondo accademico?
R. Diversi atenei in Campania stanno sperimentando numerose soluzioni, ma, ripeto, è indispensabile che le amministrazioni locali comincino a ragionare in proprio, con una mentalità più propositiva e mirata alla soluzione dei problemi. Basta piangersi addosso.
Fonte: denaro.it