Post del 09/12/06
Confermato in Italia l'allarme internazionale su questo tema. L'uso abituale di anticrittogamici, responsabili della degenerazione della substantia nigra, la zona cerebrale coinvolta in questa malattia, comporterebbe un aumento del rischio, per il sesso maschile, di quasi 4 volte.
E’ nota da tempo la pericolosità di pesticidi ed erbicidi, ma studi epidemiologici e ambientali hanno evidenziato come ci possa essere un rapporto di causa-effetto tra l’esposizione professionale a pesticidi e l’insorgere della malattia di Parkinson.
Il disturbo, dovuto al processo degenerativo a carico di alcuni particolari cellule nervose del cervello, e di cui non sono note ancora le cause, ha certamente un’origine multifattoriale e colpisce più dell’1% della popolazione ultra sessantacinquenne italiana. Ogni giorno in Italia vengono diagnosticati 30 nuovi casi di Parkinson e complessivamente nel nostro Paese sono 500mila i soggetti affetti da tale patologia. L’età appare essere un fattore di rischio significativo: infatti, il rischio aumenta negli ultra sessantacinquenni del 10% per ogni anno di età.
Ma c’è preoccupazione da parte degli esperti per l’insorgere della malattia in età giovanile: un terzo dei casi si manifesta al di sotto dei 40 anni. “A favore del ruolo tossico dei pesticidi, possibili responsabili della degenerazione dei neuroni dopaminergici della substantia nigra”, spiega Marzia Baldereschi dell’Istituto di neuroscienze (In) del Cnr di Firenze,“si sono accumulate molte evidenze scientifiche, al punto che un tribunale francese ha riconosciuto il Parkinson, che ha colpito un agricoltore, come malattia professionale”.
“In particolare”, prosegue la ricercatrice, “a supporto di questa ipotesi viene attualmente citato il recente lavoro di Ascherio e coll. (Annals of NeurologyS), ma esistono dati analoghi dell'OItalian Longitudinal Study on Aging (ILSA) del Progetto Finalizzato Invecchiamento del Cnr, già pubblicati nel 2003”.
In questo studio, un campione di 5.632 individui tra i 65 e gli 84 anni,selezionati in modo random dalle liste anagrafiche di 8 comuni italiani, è stato estesamente valutato per numerosi fattori di rischio e familiarità, e per l’eventuale presenza di 11 malattie cronico-invalidanti, tra cui la malattia di Parkinson.
Sono stati identificati 113 casi prevalenti della patologia. Tra i numerosi fattori indagati, relativi sia allo stile di vita sia all’ambiente di vita e di lavoro, solo l’uso abituale di pesticidi è risultato in relazione con la malattia e solamente negli uomini. Ma l’uso abituale, professionale, di pesticidi comporterebbe un aumento del rischio, sempre limitatamente al sesso maschile, di quasi 4 volte. Sebbene siano ormai una trentina gli studi internazionali che confermano come tale esposizione aumenti il rischio di malattia, mancano ancora le prove definitive di una relazione di causalità. “Oggi”, conclude Baldereschi, “si è orientati a concludere che l’esposizione a pesticidi aumenta il rischio di Parkinson e ne promuove l’insorgenza in individui predisposti su base genetica o di altro tipo. E’ importante proseguire tali ricerche perché l’identificazione di fattori tossici permetterebbe l’attuazione di una prevenzione primaria”.
Fonte: Almanacco della Scienza