I farmaci antiepilettici associati a suicidabilità
L’FDA ( Food and Drug Administration ) ha completato l’analisi delle segnalazioni di suicidabilità ( comportamento o ideazione suicidaria ), provenienti da studi clinici controllati con placebo di 11 farmaci impiegati per il trattamento dell’epilessia, così come i disturbi psichiatrici e altre condizioni.
Nell’analisi compiuta dall’FDA, i pazienti trattati con farmaci antiepilettici avevano approssimativamente un rischio doppio di comportamento suicidario o di ideazione suicidaria ( 0.43% ), rispetto ai pazienti che avevano assunto il placebo ( 0.24% ).
L’aumentato rischio di comportamento e ideazione suicidaria è stato osservato precocemente, già alla prima settimana dall’inizio della terapia con farmaci antiepilettici e questo rischio si è mantenuto per tutta la durata del trattamento.
I pazienti, trattati per epilessia, disturbi psichiatrici e altre condizioni, erano tutti ad aumentato rischio di suicidabilità, rispetto al placebo.
Il rischio relativo di suicidabilità è risultato più alto nei pazienti con epilessia rispetto ai pazienti in cui questi farmaci erano prescritti per disturbi psichiatrici o altro.
Tutti i pazienti che stanno attualmente assumendo o iniziando ad assumere farmaci antiepilettici dovrebbero essere strettamente monitorati per evidenti cambiamenti comportamentali che potrebbero indicare l’emergere o il peggiorare di pensieri suicidari o depressione.
Sulla base di questi dati l’FDA sta richiedendo l’inclusione nella scheda tecnica di questi farmaci di un warning e la preparazione di un Medication Guide in modo da informare i pazienti riguardo ai rischi di pensieri suicidari o di azioni suicidarie. ( Xagena2009 )
Fonte: FDA, 2009
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xagena.it
Uno studio osservazionale non ha confermato l’associazione tra antiepilettici e rischio di suicidio
Nel 2008, l’FDA ( Food and Drug Administration ) aveva imposto l’aggiunta di un warning ( avvertenza ) sulla scheda tecnica dei farmaci antiepilettici, riguardo ad un aumentato rischio di comportamenti suicidari.
L’FDA era giunta a queste conclusioni dopo aver revisionato 199 studi; dall’analisi era emerso un rischio di comportamenti suicidari raddoppiato tra i pazienti trattati con gli antiepilettici.
Ora uno studio osservazionale compiuto su più di 5 milioni di cartelle cliniche di pazienti in Gran Bretagna, ha confutato la tesi dell’associazione tra farmaci antiepilettici e rischio di suicidio.
Secondo gli Autori non sarebbero i farmaci antiepilettici a provocare un aumento del rischio di suicidio, bensì la malattia.
Il trattamento con antiepilettici aiuta a controllare le manifestazioni psichiatriche che sono alla base del comportamento suicidario.
Il nuovo studio ha preso in esame 5.130.795 pazienti, che avevano frequentato un ambulatorio di medicina generale nel periodo 1988-2008.
I Ricercatori hanno, per prima cosa, identificato i pazienti a cui era stata fatta diagnosi di epilessia, depressione o disturbo bipolare, questo per il fatto che gli antiepilettici vengono prescritti per una o più condizioni, e successivamente quante persone avevano assunto un farmaco antiepilettico.
I farmaci antiepilettici studiati erano: Carbamazepina ( Tegretol ), Gabapentin ( Neurontin ), Lamotrigina ( Lamictal ), Levetiracetam ( Keppra ), Oxcarbazepina ( Tolep ), Pregabalin ( Lyrica ), Tiagabina ( Gabitril ), Topiramato ( Topamax ), Valproato ( Depakote; Acido Valproico, Depakin ), e Zonisamide ( Zonegran ).
I pazienti sono stati seguiti in media per 6 anni.
Durante il periodo osservazionale, 8.212 pazienti hanno tentato il suicidio, e 464 di questi sono morti a causa dei danni provocati.
Due sottogruppi di pazienti che stavano assumendo gli antiepilettici hanno presentato un aumentato rischio di suicidio: le persone con diagnosi di depressione, e i pazienti a cui è stato prescritto un farmaco antiepilettico per una condizione diversa dall’epilessia, depressione o disturbo bipolare.
Una possibile spiegazione per l’aumento del rischio osservato in questi due gruppi, è che l’uso di antiepilettici in questi pazienti sia un marker di grave depressione o della presenza di un’altra condizione che può essere associata ad un aumentato rischio di eventi correlati al suicidio.
Fonte: New England Journal of Medicine, 2010
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