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Acqua, allarme arsenico in provincia di Viterbo
« il: Novembre 21, 2011, 03:11:06 »
16-11-11

Acqua, allarme arsenico in provincia di Viterbo

Un anno fa nel Lazio scoppiava l’emergenza arsenico nell’acqua potabile, per una contaminazione che rimane grave ancora oggi, nonostante le promesse fatte dalla Regione alle autorità di Bruxelles.
Il 28 ottobre 2010 la Commissione Europea aveva comunicato alle autorità italiane che non avrebbe accettato l’ennesima richiesta di deroga, che avrebbe consentito di innalzare di cinque volte i limiti di legge, come è avvenuto dal 2001 ad oggi.


Tra le istituzioni – Regione, ministero della Salute, comuni – scoppiò il panico e per diversi mesi nessuno sapeva bene cosa fare, nonostante la politica della deroga (ovvero l’innalzamento solo formale dei limiti di legge) proseguiva da una decina di anni. Il 17 dicembre il governo decretò lo stato di emergenza, dando pieni poteri al governatore Renata Polverini. Poi il silenzio è calato lentamente sull’intera vicenda, mentre tra dodici mesi finirà per sempre ogni possibilità di ottenere nuove deroghe dalle autorità europee.

Nel Lazio la provincia di Viterbo è stata la più colpita, con concentrazioni di arsenico nell’acqua che esce dai rubinetti altissima. Una presenza naturale che si va ad aggiungere agli inquinanti, creando una situazione giudicata a rischio dalla stessa Organizzazione mondiale della sanità.

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A distanza di un anno in questa zona del Lazio del nord poco o nulla è cambiato. Sul sito della Asl di Viterbo sono stati pubblicati i risultati delle analisi dell’acqua per uso umano realizzate nel mese di ottobre. La situazione è decisamente grave: il superamento del limite di legge (10 microgrammi/litro di arsenico) colpisce molti comuni. In alcune zone la concentrazione di arsenico va oltre anche l’ultima deroga concessa a marzo dalla Commissione Europea su pressione del governo italiano (limite massimo 20 microgrammi/litro), raggiungendo punte di concentrazione fino a cinque volte i limiti massimi di legge. E’ il caso di alcune zone dei comuni di Capranica, Civita Castellana, Fabrica di Roma e Vetralla. Zone dove nessuno dovrebbe usare l’acqua che esce dal rubinetto, neanche per cucinare la pasta. Zone dove ancora non è stato realizzato nessun impianto di potabilizzazione, nonostante i poteri straordinari concessi dal governo.

La Regione Lazio nel dicembre dello scorso anno aveva assicurato la C.E. che la situazione era sotto controllo, e che gli impianti di potabilizzazione erano in sostanza quasi pronti. Nella richiesta di una nuova deroga – che in ogni caso sarà l’ultima, secondo la direttiva acque dell’Unione Europea – presentata dalla Direzione regionale ambiente della Regione Lazio il 14 dicembre 2010, i funzionari parlavano di “interventi realizzati ed in fase di finalizzazione con avanzamenti rispetto al piano di rientro programmato. In particolare in corso di accelerazione – si legge nel documento inviato a Bruxelles - le opere di esecuzione relative al riassetto di approvvigionamenti, rete e trattamenti”. In sostanza per la direzione ambiente mancava poco all’inaugurazione dei nuovi sistemi idrici che avrebbero portato finalmente acqua potabile nelle case dei viterbesi.

Dopo un anno solo due impianti sono stati aperti, con due storie differenti e significative. La buona notizia riguarda il piccolo comune di Vitorchiano, dove il sindaco Nicola Olivieri si è rifiutato di consegnare gli impianti al gestore dell’acqua designato dalla Regione, la Talete Spa. Qui la scorsa estate è entrato in funzione un impianto nato da una collaborazione con il Cnr, finanziato dalle casse comunali, che poi cercheranno di rivalersi sulla Regione Lazio. Il tasso di arsenico è sceso stabilmente sotto il limite di legge, con una media nella centrale piazza Roma di 7 microgrammi/litro. Il piccolo comune del viterbese fu il primo a dichiarare ufficialmente la non potabilità dell’acqua dopo la decisione della Commissione europea di non accettare un’ulteriore deroga; subito dopo l’amministrazione comunale organizzò un’assemblea cittadina, per decidere insieme alla popolazione come reagire.

Lo stesso miracolo non è avvenuto a Nepi, dove la concentrazione di arsenico continua ad essere su livelli considerati pericolosi per la salute umana, nonostante l’inaugurazione in pompa magna di un impianto di dearsenificazione sull’antico acquedotto che dal 1500 porta l’acqua in città. Il sindaco di Nepi – che ha finanziato l’opera, costata 863 mila euro – era sicuro nel giorno dell’inaugurazione, avvenuta davanti allo stato maggiore della Regione: “Queste macchine abbatteranno l’arsenico ad 1 mg per litro, contro i dieci ancora consentiti dalla legge europea in materia, in questi giorni alzati a 20”. Secondo gli ultimi dati della Asl nella sua città la situazione è ben differente: dopo il trattamento l’acqua esce ancora con un contenuto di arsenico superiore ai limiti di legge, con una concentrazione di 15 microgrammi/litro, mentre in città la situazione è ancora più grave.

FONTE



22-10-10 di Alessandro Fulloni

Acque all'arsenico: l'Ue chiude i rubinetti di 128 Comuni italiani
Documento di Bruxelles nega al ministero della Salute la deroga ai limiti per la potabilità. E impone ordinanze per vietarne l'uso alimentare. Lazio regione più colpita

ROMA - Il «niet» giunto dall’Unione Europea è tassativo: niente deroga all’ innalzamento dei limiti chiesti dall’Italia sulla concentrazione di arsenico nelle acque a uso alimentare. Perchè in taluni casi possono provocare malattie, perfino l'insorgere del cancro. Scatta ora una guerra contro il tempo per evitare che a casa di migliaia di famiglie i rubinetti possano restare chiusi a seguito di una possibile raffica di ordinanze.
Sono ordinanze richieste da Bruxelles, che potrebbero proibire l’uso potabile dell'acqua. L’intimazione indirizzata il 28 ottobre al ministero della Salute dall’Ufficio Ambiente della Ue apre un pesantissimo problema sanitario in 128 comuni dello Stivale divisi tra 5 regioni.

 
LE CITTA’ IN EMERGENZA - In testa c’è il Lazio, con 91 città e borghi (sparsi tra le provincie di Roma, Latina e Viterbo) dove i sindaci, a meno di soluzioni miracolose dell’ultimo istante, potrebbero essere costretti a firmare un provvedimento per vietare di bere l’acqua.
Nell’elenco - pubblicato da Corriere.it - seguela Toscana, con 16 località; altre 10 sono in Trentino, 8 in Lombardia e 3 in Umbria. Tutte con lo stesso problema: negli acquedotti c’è una concentrazione elevata di arsenico, talvolta con valori massimi di 50 microgrammi per litro mentre la legge ne consente al massimo 10. Quantitativi che sarebbero fuori norma – ha spiegato l’Italia in un dossier spedito alla Ue - per cause «naturali»: in qualche modo originati da stratificazioni geologiche di origine lavica, come nel caso dei Castelli Romani e del Viterbese.

LA UE: POSSIBILE RISCHIO CANCRO - Giustificazioni inascoltate però dall’Unione Europea che – accogliendo il ricorso solo per i meno preoccupanti borio e fluoruro - non vuole più, nelle acque potabili, quelle cifre superiori ai 10 microgrammi di arsenico per litro. Il motivo è che «valori di 30, 40 e 50 microgrammi» possono determinare «rischi sanitari, in particolare talune forme di cancro». Ecco perché le deroghe, soltanto per tempi limitati, possono essere richieste sino a concentrazioni di 20 microgrammi per litro.

IN DIFFICOLTA’ 250 MILA FAMIGLIE - A febbraio l’Italia – che ha recepito le direttive comunitarie in una legge sulle acque potabili in vigore dal 2001 - ha chiesto di innalzare i limiti consentiti temporaneamente, appunto, a 50. Ma la Ue ha bocciato la domanda facendo esplodere un problema che, stando al documento ufficiale indirizzato al ministero della Salute, riguarda i rubinetti di circa 250 mila famiglie.
Ad essere coinvolte sono grandi capoluoghi e paesi di poche decine di anime: per restare al Lazio, gli «utenti interessati» a Latina sono 115.490, ad Aprilia 66.624, a Viterbo 62.441 e poi ancora 10 mila ad Albano e 18 mila a Sabaudia. In Toscana acque a rischio in località vacanziere come Piombino, Cecina, Porto Azzurro e Porto Ferraio, ma anche Foiano della Chiana, Montevarchi, Campo nell'Elba, Rio Marina, San Vincenzo. Problemi anche a Orvieto in Umbria, mentre a Solda di Fuori, in Alto Adige, sono «solo» 25 gli abitanti che potrebbero ritrovarsi senz’acqua.
 
ANCHE IN LOMBARDIA E TRENTINO - Acque non salubri vengono identificate nella tabella del documento Ue nelle province di Mantova (Marcaria, Roncoferraro, Viadana), Sondrio (Valdidentro e Valfurva) e Varese (Maccagno, Sesto Calende, Dumenza). Il comune di Cava Manara, in passato con problemi, ora ha acque «perfettamente potabili» grazie all’apertura di nuovi pozzi. In Trentino, risultano non a norma le acque di Laste/Cantanghel, Canal San Bovo, Fierrozzo, Frassilongo.
Quanto alla Campania, 14 comuni - non gravati dall'allarme arsenico - hanno ottenuto la deroga per ciò che riguarda il floruro: si tratta di Boscotrecase, Cercola, Ercolano, Ottaviano, Pollena Trocchia, Portici, S. Anastasia, San Giorgio a Cremano, S. Giuseppe Vesuviano, San Sebastiano al Vesuvio, Somma Vesuviana, Terzigno, Torre del Greco, Volla.

ALLERTATE LE PREFETTURE - Quel che succederà adesso ancora non è chiaro. Contatti frenetici sono in corso tra il ministero della Salute e gli assessorati all’Ambiente delle Regioni coinvolte. Dove il problema è più sentito - appunto come nel Lazio - Asl e Comuni interessati al possibile divieto si sono incontrati per delineare una strategia comune, allertando anche le Prefetture. E’ stato chiesto un pronunciamento all’Istituto superiore di sanità per stabilire le linee guida cui dovranno attenersi le autorità mentre la Regione ha preparato una specie di vademecum che presto sarà distribuito presso scuole, uffici pubblici, ospedali, aziende.

«FILTRI» NEGLI ACQUEDOTTI - In sostanza: dovrà essere data la massima informazione all’utenza riguardo la nuova regolamentazione. Poi la responsabilità passerà ai sindaci che dovranno valutare se firmare le ordinanze di divieto. Nel frattempo Acea, Regione e Commissariato alle acque potabili stanno sistemando delle specie di «filtri» per abbassare la presenza dell’ arsenico e miscelare acque provenienti dagli acquedotti come quello del Simbruino – prive di arsenico – con quelle raccolte dai pozzi, i principali accusati per i valori fuori norma.

LA SOLUZIONE DEPURATORE DOMESTICO - «Provvedimenti allo studio da tempo – è l’assicurazione giunta al termine della riunione –, ma che adesso devono essere accelerati per via della normativa Ue che nessuno si aspettava così immediata». In questa situazione convulsa non manca chi si arrangia da sé, tanto che nei dintorni di Frascati, a sud di Roma, un consorzio di cittadini ha pensato bene di comperare un depuratore per l’arsenico.

FONTE
« Ultima modifica: Novembre 21, 2011, 03:17:04 da cristiana »
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