Anche i pesci d’acqua dolce sono a rischio. Lo denuncia un rapporto pubblicato in questi giorni da Greenpeace: le anguille, per esempio, sono in forte declino e contaminate da sostanze pericolose, che a nostra insaputa finiscono in tavola.
I ricercatori le hanno acquistate sui mercati o direttamente dai pescatori e le hanno analizzate. La sentenza è tutt’altro che confortante. Le anguille provenienti da 20 fiumi e laghi di 10 Paesi europei sono risultate contaminate da sostanze pericolose, come Pcb e ritardanti di fiamma bromurati.
A sorpresa il primato della contaminazione in Italia lo detiene il Tevere che, secondo quanto si legge in una nota diffusa da Greenpeace, ospita anguille fra le più contaminate d'Europa. Molti dei composti riscontrati nelle anguille sono ancora impiegati in Europa mentre l'uso di altri è stato limitato fin dagli anni '70. Minacciate dalla pesca eccessiva e dalla diminuzione degli habitat, il numero delle giovani anguille che ritornano nelle acque europee dopo le migrazioni è in alcuni casi addirittura inferiore all'1% rispetto ai livelli storici. L'inquinamento può essere una causa importante del loro declino.
"Non ci dobbiamo stupire di questi risultati. Molte specie ittiche sia marine che di acqua dolce sono minacciate dalla contaminazione ambientale. In particolare, le specie ai vertici della catena alimentare e con una percentuale di grasso corporeo elevato, come le anguille, sono da considerare a maggior rischio tossicologico per fenomeni di bioaccumulo.
Molti di questi inquinanti sono inoltre degli interferenti endocrini, e quindi possono alterare i processi riproduttivi" - afferma Letizia Marsili, ricercatrice dell'Università di Siena e esperta in ecotossicologia ambientale. Per approfondire visita il sito di greenpeace
Alessandra Mariotti
15/11/2005
Fonte: buonpernoi.it